“SECOND INTERCONTINENTAL EXTRATERRRITORIAL CONGRESS PSYCHOTHERAPY WITHOUT BORDERS: CHILDREN, FAMILY, SOCIETY, FUTURE”
“L’arte d’accettare il cambiamento”
di
Domenico Carbone
La vita non è un lungo fiume tranquillo. Certe volte scorre lentamente, mentre in altri momenti la corrente diventa tumultuosa e tutto viene travolto. Sono momenti critici in cui la vita ci sollecita profondamente e si scatenano emozioni che a volte non riusciamo a gestire. Quando una persona viene a chiedermi aiuto mi porta un problema o una difficoltà che non sa affrontare e risolvere. Si sente in crisi, può avere dei sintomi che lo fanno star male. Lo ascolto e poi gli chiedo notizie sulla sua storia, i suoi genitori, fratelli e sorelle. Gli chiedo come è nato, l’allattamento, la sua infanzia. Costruisco il suo albero genealogico. Chiedo che tipo di bambino era, il suo rapporto con gli studi, con la scuola. Faccio domande sulle sue relazioni sentimentali e sul suo rapporto con il sesso. Chiedo quali sono le sue passioni, i suoi sogni, i suoi desideri. Domando che lavoro fa e come si rapporta al suo corpo. Noi abbiamo una dimensione corporea e quindi è importante capire come funziona e qual è il linguaggio del corpo. Abbiamo una dimensione psichica e quindi cerco di capire come funziona la mente della persona che ho davanti. Quali sono le sue convinzioni, le sue paure, i suoi desideri. Esiste anche una dimensione spirituale ovvero la capacità d’amare e di perdonare, la capacità d’essere una persona libera. Ed infine esiste una dimensione progettuale che chiamo il Sé che è la nostra identità originaria, dove risiedono i nostri talenti, le qualità della persona. L’Io sta al Sé come la terra sta al sole. Le persone che stanno in crisi hanno conflitti o intrapsichici o tra l’Io ed Il Sé. Tra la mente e il corpo o tra la mente e il suo Sé. La Sophianalisi è una terapia del profondo che intende analizzare questi conflitti per aiutare la persona ad armonizzare le parti scisse presenti e a realizzare il proprio progetto esistenziale. A volte il conflitto sta proprio in una ferita originaria.
Come è avvenuto il concepimento? È stato un atto d’amore o è avvenuto tramite una violenza? La madre desiderava il figlio oppure ha cercato d’abortirlo? C’è una ferita originaria per non essere stato voluto oppure la ferita sta solo sull’identità sessuale?
Nel suo libro “La vita segreta prima della nascita” Lo psichiatra Thomas Verny afferma l’importanza della vita intrauterina, luogo dove l’embrione diventa feto e poi bambino pronto a nascere. Dentro l’utero si sviluppa la mente del feto e si cominciano a provare emozioni che oggi sono ampiamente riconoscibili con le attuali tecnologie. Esistono numerosi studi fatti in paesi diversi che testimoniano gli effetti prodotti sul feto dalla fame e dagli stress provati dalla madre durante la gravidanza. Uno studio condotto in Finlandia tra soggetti che avevano perso il padre quando ancora non erano nati dimostrò che la percentuale di disturbi psichiatrici, in particolare di schizofrenie, era più alta rispetto a quelli che avevano perso il padre dopo la nascita. È ovvio che la morte del marito aveva prodotto un grosso stress nelle donne che erano gravide ed è ovvio che questo stress aveva prodotto un effetto di rimbalzo nel figlio. Thomas Verny afferma quindi l’esistenza di un Io prenatale che è in grado di memorizzare e in qualche modo elaborare esperienze di accettazione o di rifiuto e di stress. Tentativi d’aborto da parte della madre generano esperienze di terrore, dolore e rabbia che poi da grande possono diventare mine vaganti nelle relazioni d’amore. La vita intrauterina può essere un luogo paradisiaco oppure un luogo infernale. Più probabilmente ci saranno entrambi le esperienze in base al tipo di vita che ha avuto la madre. Secondo la Klein il bambino attraversa una fase in cui vive una scissione tra seno buono e seno cattivo. Il bambino quando allatta ed è appagato si convince che il seno è buono. Quando invece è affamato ed il seno non lo appaga crede che il seno sia cattivo ed inizialmente non mette insieme queste due esperienze. Possiamo ipotizzare che il bambino incontra l’utero prima del seno e quindi possa provare l’esperienza di un utero buono ed un utero cattivo. Le esperienze vissute nella vita intrauterina che tipo di conseguenze possono avere sulla formazione della mente di una persona? E in che modo possiamo collegare le convinzioni, i malfunzionamenti alla vita intrauterina?
Antonio Mercurio, con il suo libro “Ipotesi su Ulisse” , afferma che il mito, l’Odissea, possa essere un modo per leggere ciò che è accaduto nella vita intrauterina. L’Odissea quindi, oltre che una splendida opera letteraria, può essere letta come una lettura simbolica dei vissuti della vita intrauterina. I mostri che Ulisse incontra nel suo viaggio nel Mediterraneo sono quindi una rappresentazione simbolica dei mostri che Ulisse ha già incontrato nel suo viaggio intrauterino e che sono diventati mostri dentro la sua mente.
Dal mito sappiamo che Ulisse ha avuto una vita intrauterina molto difficile. Sappiamo che il padre di Ulisse è Laerte ma in realtà il padre biologico di Ulisse è stato il furbo Sisifo, l’uomo punito dagli dei, per aver imprigionato la morte, con l’eterno obbligo di dovere trasportare un masso in cima alla collina che poi rotolerà a valle. Il mito racconta che Sisifo e Autolico, i due ladri più furbi e famosi conosciuto a quel tempo, vivevano sul monte Parnaso. Autolico, era figlio del Dio Ermes, dio dei ladri, e padre di Anticlea che poi sposerà Laerte e partorirà Ulisse. Autolico aveva ereditato dal padre Ermes il dono di riuscire a rubare senza mai venire scoperto. Usando il suo talento cominciò a rubare le mucche al vicino Sisifo e per non farsi scoprire cambiava il colore del mantello agli animali. Sisifo però era molto furbo e per non farsi ingannare scolpì sotto gli zoccoli dei suoi animali il suo nome. Così scoprì l’inganno e per risarcimento ottenne per i suoi scopi il corpo di Anticlea. Laerte sposò Anticlea quando era già gravida di Ulisse. Quali sono stati i pensieri e i sentimenti di Anticlea rispetto alla sua gravidanza? Un figlio avuta da un uomo arrabbiato col padre, che non l’amava e che forse l’aveva violentata. Il nome Odisseo vuol dire odiato e forse inizialmente Anticlea avrà odiato questo figlio. Quindi secondo il mito Ulisse è figlio biologico di Sisifo e nipote di Autolico, due grandi furbastri e quindi possiamo ipotizzare che la furbizia di Ulisse provenga dai geni del padre e del nonno.
Anche Edipo ha avuto una vita intrauterina difficile. Anche Edipo non è stato concepito con amore. Laio non voleva avere figli perché aveva ricevuto una maledizione e Giocasta, per farsi ingravidare trovò lo stratagemma di ubriacare il marito. Quindi sappiamo che è un figlio non voluto dal padre e concepito dalla madre in modo strumentale. Edipo rappresenta la dimensione tragica dell’uomo. Mette la sua intelligenza al servizio della vendetta. Ulisse invece rappresenta la dimensione creativa dell’uomo. Con pazienza, furbizia e creatività Ulisse affronta e sconfigge i suoi mostri esterni ed interni e riesce a fondere le forze cosmiche esterne con quelle interne creando bellezza. Le sfide, le crisi che Ulisse affronta nel suo viaggio rappresentano passaggi di crescita dell’uomo che rivive i suoi vissuti intrauterini per creare una nuova bellezza, per mettere armonia nella propria vita. Ulisse realizza tanti sogni che si porta dentro. Si realizza come marito accogliendo l’augurio che gli fa Nausica …”marito e casa ti diano e la concordia gloriosa a compagna. Niente è più bello e più prezioso quando con un’anima sola dirigono la casa l’uomo e la donna, molta rabbia ai maligni, ma per gli amici è gioia e loro hanno fama splendida”. Si realizza come padre alleandosi con il figlio Telemaco per uccidere i Proci. Come figlio e come re. Anche noi ci portiamo dentro tanti sogni ma è molto difficile armonizzarli. In questo Ulisse è un artista della vita. Perché sa dialogare con sé stesso essendo in continuo contatto con Atena che rappresenta la sua saggezza, il suo Sé. Inoltre sa valorizzare le sue qualità e affrontare con arte le varie prove che la Vita gli propone. Affronta la possessività, quando per sette anni dimora nell’isola di Calipso, che gli offre amore e immortalità. Ulisse da una parte è contento ma dall’altra piange. Dialoga continuamente con Atena che accoglie il suo dolore. La dea va da Zeus che manda Ermes da Calipso con l’ordine di lasciare libero quell’uomo. Calipso da donna possessiva diventa una donna donativa ed insegna ad Ulisse come costruire la zattera e gli da gli strumenti per non perdersi. Tante sono le prove che l’eroe affronta nel suo viaggio nel Mediterraneo. Una tra le più famose è quella con Polifemo. Durante il viaggio in cerca di cibo Ulisse e i suoi uomini scoprono una caverna con dentro latte e formaggi. Dopo aver mangiato si attardano, quando improvvisamente arriva un gigante con un occhio solo che chiude la caverna con un enorme masso e poi comincia a guardarsi intorno. Il gigante scopre alcuni uomini e comincia a divorarli. Ulisse si nasconde ed è atterrito, poi ha un’idea offre al gigante del vino e lo fa ubriacare. Quando il gigante è addormentato con un palo appuntito lo acceca. Polifemo urlando si sveglia, è cieco e non riesce a prendere i colpevoli. Il giorno dopo deve fare uscire le pecore e per non far fuggire gli uomini le controlla una per una. Ulisse però ha consigliato i suoi uomini d’appendersi sotto le pecore e così riescono a fuggire. La caverna rappresenta simbolicamente un utero ostile. L’emozioni, i sentimenti che Ulisse sono l’emozioni e i sentimenti che prova un feto durante un vissuto abortivo? Possiamo ipotizzare di si. Possiamo usare queste metafore in terapia per fare psicoeducazione e dare suggerimenti su come affrontare situazioni in cui riemergono vissuti intrauterini.
Questo è il caso di Giorgio che viene da me per problemi relazionali con le donne. Mi dice che le sue storie d’amore sono molto brevi e mi confida la stranezza del fatto che durano soltanto tre mesi. Quando nella fase d’intervista gli chiedo notizie su cosa è accaduto durante il periodo intrauterino, Giorgio mi confida il fatto d’aver saputo da suo padre che la madre aveva tentato un aborto proprio al terzo mese. Racconto a Giorgio il mito di Polifemo ed interpreto le sue relazioni brevi come una difficoltà a gestire l’emozioni che si scatenano dentro di lui quando si ripresentano i suoi vissuti intrauterini.
Quando arriva una violenza avvengono numerose reazioni emotive nell’essere umano. Quelle più importanti sono: stupore, paura, dolore e un desiderio di reagire che può esprimersi con la rabbia. Se questa non viene agita con soddisfazione diventa risentimento, odio. Secondo Mercurio il problema della distruttività umana è l’odio inconscio che ha origine sin dalla vita intrauterina e che può diventare un vero e proprio progetto di vendetta. Quindi odio inconscio e non Thanatos. Giorgio era pieno di risentimento inconsapevole nei confronti della madre e del padre. Raccontandomi la sua storia si rese conto dell’odio inconsapevole agito nei confronti di entrambe le figure parentali. Aveva sedotto la nuova giovane compagna del padre e così facendo aveva distrutto la nuova coppia. Agiva inoltre la sua distruttività anche in altri contesti. Il lavoro analitico servì a renderlo consapevole dei suoi agiti e ad imparare a riconoscere e ad accogliere la sua distruttività contenendola come fece Odisseo nella caverna con Polifemo. L’eroe non uccise il gigante ma usò l’astuzia e il suo odio per accecarlo e così poter fuggire. Nel lavoro terapeutico, in un primo momento, bisogna capire come agiscono i meccanismi di difesa dal dolore e dall’odio. Successivamente bisogna elaborare i sensi di colpa rafforzando le parti positive dell’Io. Infine viene chiesto al paziente di rendersi consapevole e ad assumersi il proprio odio comprendendo come viene agito verso sé stessi e verso l’altro. L’odio ha una forza distruttiva che ha una componente vendicativa che va lasciata e una parte che può essere trasformata in forza da mettere al servizio dei propri desideri progettuali. Comprendendo la natura dei propri desideri sarà possibile capire quali sono quelli piacevoli, quelli tossici e quelli progettuali.
Questa è la strada maestra per imparare ad amarsi e ad amare e creare bellezza nella vita.
Dott. Domenico Carbone
Psicologo Psicoterapeuta Analitico Esistenziale
Docente di Antropologia Personalistica Esistenziale
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